La sensazione comune del titolo è quella di essere un po’ sotto pressione. È una cosa che in tanti provano in questo periodo: per le troppe cose da fare oppure per quello che non si può fare, per l’incertezza su quello che succederà oppure perché non si sa se si è pronti per affrontare il futuro.
Under pressure è una canzone che non ha bisogno di presentazioni: nasce col nome di Feel like, composta solo dai Queen, poi viene rivoluzionata assieme a David Bowie in una lunga notte in studio e chiamata People on streets. Viene infine pubblicata nel 1981 col titolo che tutti conosciamo e poi inserita nel disco “Hot space” dei Queen del 1982.
Ovviamente quell’elementare giro di basso è quello che tutti si ricordano, che ha reso quel pezzo ultra riconoscibile. Du du du dudududdu. Ho sempre pensato che il punto forte di Under pressure sia in realtà un altro e cioè le linee vocali di Bowie, che danno una marcia in più e rendono il tutto immortale. Bowie fa Bowie e si erge sopra tutti gli altri, anche nel testo, sui cui ci ha messo una mano enorme. E infatti anche il duetto con Annie Lennox rimane enorme, ricordate? E poi pensateci un attimo: come può essere più attuale di così?
‘Cause love’s such an old fashioned word
And love dares you to care for
The people on the edge of the night
And love (people on streets) dares you to change our way of
Caring about ourselves
This is our last dance
This is our last dance
This is ourselves under pressure
L’altro giorno è uscita una cover fatta da due artisti che mai avrei associato con quella canzone (ma forse la forza di una cover è anche quello), e cioè Karen O e Willie Nelson. A me è piaciuta, l’hanno resa un po’ loro, un po’ contemporanea e decisamente meno queenesca. Al Duca Bianco sarebbe piaciuta, penso.